Rometta Superiore, nella grande fontana della piazza.
Quella pozza d’acqua era tutto il suo mondo.
Si chiamava Mimosa e, specchiandosi, notò che il suo corpo era verde come
i prati e azzurro come il cielo, affusolato ed agile: un gran bel corpo, nato
da genitori verdeazzurri come lei.
Essi, a loro volta, erano nati da genitori verdi e azzurri, ma la prima coppia
da dove era venuta fuori ?
Studiò la scienza dell’evoluzione e così seppe che, in centinaia di
migliaia di anni, le libellule erano cambiate adattandosi alle condizioni
climatiche ed alle necessità di vita, diventando sempre più agili e col volo
sicuro, ma anche così il problema sussisteva: che cosa o chi aveva dato
origine alla vita delle libellule?
Tutti si accoppiavano e procreavano, ma la prima coppia da dove era uscita?
Non poteva essersi fatta da sé. E quel qualcuno, chiunque egli fosse, doveva
essere superiore alla libellula poiché l’aveva pensata. “ Forse l’ha fatta con
l’acqua dello stagno o forse col fango dello stagno o forse con niente, sennò
l’acqua ed il fango con che cosa li avrebbe fatti?”.
Forse, all’origine, davvero quel qualcuno aveva creato dal niente, solo da
un proprio pensiero.
La libellula, capito ciò, per alcuni giorni ebbe pace.
Tuttavia non aveva risolto il problema. Guardò gli altri animali, uomini compresi,
e capì che tutti erano stati creati dal niente come le libellule. Ebbe pace per
altri giorni, dopo di che si incominciò a chiedere chi fosse quel qualcuno e
perché l’avesse fatto.
Per dispetto no perché il mondo e la vita erano molto belli.
Per allegria nemmeno perché esistevano la sofferenza e la morte per tutti
i viventi, uomini compresi.
Doveva essere stato per generosità, di più, per amore, di più: perché tutta la creazione, dopo la morte, si riunisse con lui in una vita diversa,
perfettamente felice ed eterna.
Poteva essere solo così poiché la natura che la libellula si vedeva intorno era
troppo grande, troppo varia, troppo perfetta, addirittura incomprensibile.
Studiò astronomia e trasecolò. Non si poteva immaginare una fine dell’universo. Poteva essere dentro un altro universo e l’altro universo dentro un altro universo
e così all’infinito, ma c’era un ultimo universo? E dove era contenuto?
Forse in quel qualcuno, che aveva originato tutta quella baraonda?
La libellula studiò le varie religioni e si accorse che erano troppe,
talvolta contrastanti, ma capì che tutte confluivano in Uno come fiumi che
vanno al mare.
Chiunque Egli fosse era bello poiché aveva suscitato tanta bellezza.
La sofferenza e la morte non potevano appartenergli, di sicuro c’era
stato un peccato della creazione all’inizio. Una ribellione, a cui porre riparo
con una condizione di vita piena di fastidi : il marito nervoso, la suocera
lagnosa, i figli frignanti, il lavoro sempre uguale col capufficio più nervoso
del marito, più lamentoso della suocera e che a momenti frignava peggio
del figlio neonato. Per non parlare delle faccende domestiche, dei soldi
che non bastavano mai, dell’influenza e di tutte le malattie, degli uragani,
cicloni, terremoti ed onde anomale. La libellula Mimosa si accorse che,
nella creazione, nessuno poteva evitare il dolore e la morte, nemmeno gli
uomini, che ne avevano inventato tante. Doveva essere stata una colpa
gravissima, che tutti avrebbero commesso se fossero esistiti a quel tempo,
quindi tutti ne erano come contagiati diventando creature miserevoli.
Bisognava chiedere perdono di quella colpa, origine di tutti i mali:
arrabbiature, politica corrotta, guerre, imbrogli, delitti e terrorismo.
Così la libellula giunse le zampe e pregò. Riconobbe l'Uno e sentì di amarlo
come un figlio ama il padre. E l’Essere supremo si chinò sorridendo sulla
piccola libellula, la prese sul dito e le diede il suo bacio.
La libellula fu molto felice, tanto che si sentì scoppiare il cuore, ed incominciò
a predicare ai pesci rossi che stavano nell’acqua della fontana, diceva:
< Ma voi sapete chi vi ha dato la vita? E’ stato l’Amore >.