Avere un blog è avere un giardino. Qualcuno se ne prenderà cura gelosamente decidendo di non aprire mai il cancello, lasciandolo ammirare solo da dietro le inferriate, altri invece lasceranno entrare tutti condividendo con loro momenti molto importanti. un blog è come un giardino. Per alcuni segreto e per altri un parco pubblico, ma pur sempre un giardino che ci piace far ammirare.
lunedì 31 dicembre 2012
venerdì 28 dicembre 2012
La fotografia è il mio specchio
La fotografia è la mia medicina, la mia salvezza, il mio riscatto.
E’ il mio modo di placare un’anima troppo spesso avvolta da un velo d’inquietudine.
E’ un piccolo grande mondo nel mio mondo.
E’ un rifugio, un sogno che non scompare con le luci del giorno.
La fotografia è il mio specchio, il riflesso fedele del mio modo di vedere e interpretare la realtà.
E’ il mio modo di placare un’anima troppo spesso avvolta da un velo d’inquietudine.
E’ un piccolo grande mondo nel mio mondo.
E’ un rifugio, un sogno che non scompare con le luci del giorno.
La fotografia è il mio specchio, il riflesso fedele del mio modo di vedere e interpretare la realtà.
mercoledì 26 dicembre 2012
Vorrei avere dalle bestie...
Del cane la capacità di entusiasmarmi per ogni ritorno.
Dal gatto l'antipatia per la sottomisione.
Dalla lepre l'orrore per la predazione.
Dalla scimmia l'opportunità di vedere il gioco e il sesso come la stesa cosa.
Dalla mosca l'umiltà di appasionarmi anche per ciò che gli altri detestano.
dalla formìca la tenàcia nele picole inprese eroiche.
Dall' àquila il dono di vedere le cose dal alto.
Dal bradipo l'indiferenza a per il scòrrere conpulsivo del tempo
.
Dalla balena l'inperturbabilità nelle tempeste.
Dal verme la facoltà di nutrirmi dela terra in cui vivo.
Dal canarino l'adatabilità per cantare perfino dentro una gabbia.
Dalla lucertola la conprensione per il potere grande del sole.
Dal pipistrello l'acume di capire il mondo anche col buio.
Dalla termìte l'intuizione che un grande grupo di pìccoli esseri può fare grandi cose.
Dalla farfàla la forza per fare di una sola ora di vita un volo di meraviglia.
Vorrei avere dalle bestie quello che mi manca per essere più umano.
lunedì 24 dicembre 2012
sabato 22 dicembre 2012
lunedì 17 dicembre 2012
domenica 16 dicembre 2012
sabato 15 dicembre 2012
lunedì 10 dicembre 2012
Pace
Elena Nicoletta Garbujo, studentessa sedicenne della provincia di Milano, ha visto un concorso indetto dall’Unione Europea.
Alla domanda “Cosa significa per te la pace in Europa?”, la giovane studentessa ha risposto con un acrostico, ovvero, con una frase le cui parole iniziano con le lettere che formano la parole “pace”.domenica 9 dicembre 2012
sabato 8 dicembre 2012
La Chiesetta di Panigale
Una chiesetta campestre
dedicata a S. Maria che sì trova a Campanigalli, località di Campodarsego dal
nome medioevale altisonante.
Il manufatto, che si presentava prima del restauro in tutto simile ad un
modesto oratorio di campagna del ‘700. Liberato dalle malte corrose dal tempo e
spogliato di tutti quegli elementi superflui che andavano ad alterare la sua
vera identità, è stato recuperato il suo antico aspetto grazie al Gruppo degli
Alpini di S. Andrea e dietro la minuziosa e specializzata consulenza della
Sovrintendenza per i Beni Ambientali.
Storia, archeologia e tradizione si fondono in questa chiesetta dalle
nitide linee paleocristiane sorta attorno al VII - VIII secolo.
La struttura muraria, infatti, fino a 2,60 m. d’altezza è composta di
mattoni romani ed è ornata da varie fasce di tavelle poste a spina di pesce. Tre
finestrelle per aumentare il più possibile l’insolazione e la ventilazione, pur
salvaguardando un’apertura minima per la sicurezza, si aprono sulla parete sud.
Verso est sono posti in evidenza il livello del primitivo pavimento in terra
battuta e le fondamenta dell’abside semicircolare. Durante gli scavi effettuati
per documentare l’antichità dell’impianto, sono stati scoperti diversi reperti
archeologici romani, tra cui alcuni mattoni con il timbro della fornace
"Cartorian".
Negli Statuti Padovani la località "Panigale" è citata nel 1231 e nel
1234 come un luogo che deve provvedere alla manutenzione delle strade, dei fiumi
e dei ponti del territorio. La chiesetta di S. Maria di Panigale invece è
nominata per a prima volta come rettoria nel 1297 dalle Decime Vaticane. A
questo tempo risalgono con molta probabilità alcuni interessanti graffiti,
scoperti sui muri dell’oratorio, che riproducono delle piccole e originali croci
scolpite da qualche pellegrino in segno di devozione, o da qualche soldato per
ricevere protezione.
lunedì 3 dicembre 2012
Orologio Dondi a Padova
L'orologio originale fu costruito nella seconda metà del 1300, presumibilmente tra il 1365 e il 1384, secondo la datazione più accreditata basata sui riferimenti astronomici riportati dal Dondi per la costruzione del suo complesso meccanismo. Le ultime notizie relative all'oggetto risalgono al 1529 quando viene citato in occasione dell'arrivo in Italia di Carlo V, re di Spagna e Imperatore del Sac...
ro Romano Impero. Riportato ormai come in cattivo stato di conservazione e necessitante di manutenzione, andò presumibilmente distrutto negli anni successivi.
Il Dondi racconta il suo lavoro e ne descrive la realizzazione in una serie di manoscritti che, come l'orologio planetario prendono il nome di Tractatus Astrarii. Poiché lo scopo del meccanismo che io ho progettato era di mostrare i veri luoghi dei pianeti, le loro evoluzioni, i loro movimenti e le loro orbite e che, secondo Aristotele, è giusto che ogni cosa prenda il proprio nome dallo scopo per cui è stata costruita, io ho, in maniera del tutto naturale, dato il nome di Astrario a tutto questo meccanismo e al libro dove sono descritti la sua composizione, il suo uso, la sua messa in moto, e il modo di correggere gli errori.
Il Dondi racconta il suo lavoro e ne descrive la realizzazione in una serie di manoscritti che, come l'orologio planetario prendono il nome di Tractatus Astrarii. Poiché lo scopo del meccanismo che io ho progettato era di mostrare i veri luoghi dei pianeti, le loro evoluzioni, i loro movimenti e le loro orbite e che, secondo Aristotele, è giusto che ogni cosa prenda il proprio nome dallo scopo per cui è stata costruita, io ho, in maniera del tutto naturale, dato il nome di Astrario a tutto questo meccanismo e al libro dove sono descritti la sua composizione, il suo uso, la sua messa in moto, e il modo di correggere gli errori.
Cittadella
La città, con la sua cinta muraria, sorse nel 1220 e per volontà del comune di Padova. La costruzione fu diretta da Benvenuto da Carturo. Da allora, gli elementi più caratteristici della cittadina furono proprio l'eccezionalità dell'anello murario e la posizione strategica, ricoperta nell'ambito del territorio padovano.
Fin dall'età del bronzo risulta documentata la presenza dell'uomo nella zona in cui sorse Cittadella, mentre in epoca romana fu interessata da un importante agro centuriato, che aveva come decumano massimo la via Postumia, costruita nel 148 a.C.
Dall'XI secolo si erano andate formando signorie rurali con una serie di minuscoli villaggi, costruiti attorno a pievi (come quella di San Donato) e abbazie (come Santa Lucia di Brenta).
In epoca medievale, subito dopo la sua fondazione, Cittadella garantì al comune di Padova una base dalla quale contrastare il potere dei signorotti rurali locali, quali l'aristocrazia del feudo di Onara e di Fontaniva.
Caduta in mano ad Ezzelino da Romano per un breve periodo, assunse un ruolo strategico nei confronti del territorio circostante nella seconda metà del Duecento, secolo in cui conobbe una notevole fioritura. Nel 1236 Padova concesse alla città la facoltà di dotarsi di propri Statuti.
Nel 1318 Cittadella passò sotto il dominio di Cangrande della Scala. Ritornò poi sotto Padova, allora signoria dei Da Carrara. Nel Trecento il ruolo di Cittadella crebbe ulteriormente e la Podesteria si allargò.
Nel 1405 Cittadella si diede spontaneamente a Venezia, ottenendo in cambio la facoltà di conservare i propri Statuti. Dal 1483 fu donata da Venezia a Roberto Sanseverino, i cui successori la tennero fino al 1499, mentre per un anno, dal 1503 al 1504, fu data a Pandolfo Malatesta, a seguito dei patti giurati stretti tra Pandolfo e la Repubblica di Venezia.
L'anno 1508 vide la nascita della lega di Cambrai, contro Venezia. Il Malatesta, signore di Cittadella, passò allora allo schieramento nemico. Per questo motivo la cittadina fu più volte attaccata e saccheggiata dalle truppe imperiali. La pace veneziana venne ripristinata solo nel 1516.
Dopo queste burrascose vicende, Cittadella conobbe tre secoli di pace, interrotti nel 1797, quando le truppe napoleoniche si impossessarono di tutto il territorio appartenuto alla Repubblica di Venezia. Cittadella passò allora sotto il dipartimento del Bacchiglione e, per un certo tempo, addirittura sotto la provincia di Vicenza. Dal 1814 conobbe anche la dominazione austriaca, che terminò nel 1866, anno in cui venne annessa al Regno d'Italia.
Oggi Cittadella è una delle città più ricche d'Italia: a fronte di soli 20.000 abitanti, conta oltre 2.500 imprese(fonte wikipedia)
La cinta muraria di Cittadella è uno dei rari esempi di sistema difensivo con camminamento di ronda ancora percorribile, perfettamente conservata nel tempo e ancora integra, in Europa.
Le mura si elevano ad un’altezza media di 14 metri, ma nei torrioni posti a vedetta delle porte si arriva anche a 30 metri. Esse, di forma ellittica, si sviluppano per una circonferenza di 1461 metri ed hanno uno spessore medio di circa 2,10 metri. La muraglia si alterna a 36 torri di varie dimensioni: i 4 torrioni in corrispondenza delle porte di accesso, 12 torri quadrangolari di 6×4 metri in pianta e con un’altezza di circa 22 metri, e 16 torresini di base più ridotta di 6×3 metri per un’altezza di 15. La distanza fra ciascuno di questi elementi è di circa 40 metri e ciascuno di questi intervalli di mura è coronato da un parapetto con 10 merli “guelfi” a due spioventi lisciati. In alcuni punti a causa di rifacimenti posteriori sono presenti anche merli ghibellini, o a coda di rondine.
Le mura sono pressoché prive di fondamenta e a sostenerle provvedono i terrapieni appoggiati all’interno e all’esterno di esse, ricavati con materiale di riporto delle fosse. Attorno corre un ampio fossato alimentato da acque sorgive che un tempo raggiungeva un livello tale da permettere la vita di abbondante pesce con una larghezza e una profondità doppie dell’attuale: esso serviva da difesa quando, nella fortezza medievale, i ponti levatoi sostituivano gli attuali ponti in muratura.
La costruzione delle mura ha richiesto il lavoro di molte persone per vari anni; in un primo tempo ci si limitò all’allestimento di strutture difensive di terra e di legno, alla costruzione delle porte di accesso e del fossato. Con una serie di interventi successivi si crearono le opere in muratura. Nella prima fase corrispose l’impianto delle quattro porte e di quasi tutte le torri e i torresini su cui poggiavano cortine murarie piuttosto basse; nella seconda si provvide all’innalzamento della muraglia e al suo completamento con gli archetti e i merli.
Il recente restauro ha consentito la messa in sicurezza dell'antico camminamento di ronda, che permette ai visitatori di ammirare la città da punti di vista inediti e privilegiati. Dall’alto si nota che lo spazio dentro le mura, anticamente detto “terra”, è organizzato su un sistema geometrico a scacchiera dalle tipiche stradelle di ascendenza romana, imperniato sui due assi principali che raccordano le quattro porte. Queste sono orientate secondo i punti cardinali, rivolgendosi a sud verso Padova, a ovest verso Vicenza, a nord verso Bassano e a est verso Treviso. Nel quadrante nord-ovest, a causa della presenza di una breccia nella cinta muraria, è stata costruita una passerella che permette il proseguimento della passeggiata sulle mura
Fin dall'età del bronzo risulta documentata la presenza dell'uomo nella zona in cui sorse Cittadella, mentre in epoca romana fu interessata da un importante agro centuriato, che aveva come decumano massimo la via Postumia, costruita nel 148 a.C.
Dall'XI secolo si erano andate formando signorie rurali con una serie di minuscoli villaggi, costruiti attorno a pievi (come quella di San Donato) e abbazie (come Santa Lucia di Brenta).
In epoca medievale, subito dopo la sua fondazione, Cittadella garantì al comune di Padova una base dalla quale contrastare il potere dei signorotti rurali locali, quali l'aristocrazia del feudo di Onara e di Fontaniva.
Caduta in mano ad Ezzelino da Romano per un breve periodo, assunse un ruolo strategico nei confronti del territorio circostante nella seconda metà del Duecento, secolo in cui conobbe una notevole fioritura. Nel 1236 Padova concesse alla città la facoltà di dotarsi di propri Statuti.
Nel 1318 Cittadella passò sotto il dominio di Cangrande della Scala. Ritornò poi sotto Padova, allora signoria dei Da Carrara. Nel Trecento il ruolo di Cittadella crebbe ulteriormente e la Podesteria si allargò.
Nel 1405 Cittadella si diede spontaneamente a Venezia, ottenendo in cambio la facoltà di conservare i propri Statuti. Dal 1483 fu donata da Venezia a Roberto Sanseverino, i cui successori la tennero fino al 1499, mentre per un anno, dal 1503 al 1504, fu data a Pandolfo Malatesta, a seguito dei patti giurati stretti tra Pandolfo e la Repubblica di Venezia.
L'anno 1508 vide la nascita della lega di Cambrai, contro Venezia. Il Malatesta, signore di Cittadella, passò allora allo schieramento nemico. Per questo motivo la cittadina fu più volte attaccata e saccheggiata dalle truppe imperiali. La pace veneziana venne ripristinata solo nel 1516.
Dopo queste burrascose vicende, Cittadella conobbe tre secoli di pace, interrotti nel 1797, quando le truppe napoleoniche si impossessarono di tutto il territorio appartenuto alla Repubblica di Venezia. Cittadella passò allora sotto il dipartimento del Bacchiglione e, per un certo tempo, addirittura sotto la provincia di Vicenza. Dal 1814 conobbe anche la dominazione austriaca, che terminò nel 1866, anno in cui venne annessa al Regno d'Italia.
Oggi Cittadella è una delle città più ricche d'Italia: a fronte di soli 20.000 abitanti, conta oltre 2.500 imprese(fonte wikipedia)
La cinta muraria di Cittadella è uno dei rari esempi di sistema difensivo con camminamento di ronda ancora percorribile, perfettamente conservata nel tempo e ancora integra, in Europa.
Le mura si elevano ad un’altezza media di 14 metri, ma nei torrioni posti a vedetta delle porte si arriva anche a 30 metri. Esse, di forma ellittica, si sviluppano per una circonferenza di 1461 metri ed hanno uno spessore medio di circa 2,10 metri. La muraglia si alterna a 36 torri di varie dimensioni: i 4 torrioni in corrispondenza delle porte di accesso, 12 torri quadrangolari di 6×4 metri in pianta e con un’altezza di circa 22 metri, e 16 torresini di base più ridotta di 6×3 metri per un’altezza di 15. La distanza fra ciascuno di questi elementi è di circa 40 metri e ciascuno di questi intervalli di mura è coronato da un parapetto con 10 merli “guelfi” a due spioventi lisciati. In alcuni punti a causa di rifacimenti posteriori sono presenti anche merli ghibellini, o a coda di rondine.
Le mura sono pressoché prive di fondamenta e a sostenerle provvedono i terrapieni appoggiati all’interno e all’esterno di esse, ricavati con materiale di riporto delle fosse. Attorno corre un ampio fossato alimentato da acque sorgive che un tempo raggiungeva un livello tale da permettere la vita di abbondante pesce con una larghezza e una profondità doppie dell’attuale: esso serviva da difesa quando, nella fortezza medievale, i ponti levatoi sostituivano gli attuali ponti in muratura.
La costruzione delle mura ha richiesto il lavoro di molte persone per vari anni; in un primo tempo ci si limitò all’allestimento di strutture difensive di terra e di legno, alla costruzione delle porte di accesso e del fossato. Con una serie di interventi successivi si crearono le opere in muratura. Nella prima fase corrispose l’impianto delle quattro porte e di quasi tutte le torri e i torresini su cui poggiavano cortine murarie piuttosto basse; nella seconda si provvide all’innalzamento della muraglia e al suo completamento con gli archetti e i merli.
Il recente restauro ha consentito la messa in sicurezza dell'antico camminamento di ronda, che permette ai visitatori di ammirare la città da punti di vista inediti e privilegiati. Dall’alto si nota che lo spazio dentro le mura, anticamente detto “terra”, è organizzato su un sistema geometrico a scacchiera dalle tipiche stradelle di ascendenza romana, imperniato sui due assi principali che raccordano le quattro porte. Queste sono orientate secondo i punti cardinali, rivolgendosi a sud verso Padova, a ovest verso Vicenza, a nord verso Bassano e a est verso Treviso. Nel quadrante nord-ovest, a causa della presenza di una breccia nella cinta muraria, è stata costruita una passerella che permette il proseguimento della passeggiata sulle mura
venerdì 30 novembre 2012
lunedì 26 novembre 2012
Torre dell'Orologio Padova
Il palazzo dell'Orologio, con l'annessa Torre dell'Orologio, è un edificio padovano che si affaccia su Piazza dei Signori. La torre fu costruita nel 1428 sulla base della porta orientale della reggia Carrarese. La facciata fu rifatta in pietra d'Istria da Giovanni Maria Falconetto nel 1532.
Il bell'orologio astronomico che domina la piazza è la ricostruzione dell'originale costruito da Jacopo Dondi nel 1344 e distrutto da un incendio.
La popolarità dell'orologio astronomico (uno dei primi realizzati in Italia) fu tale che ai discendenti di Jacopo Dondi fu aggiunta al cognome la dizione "dell'Orologio". Alcuni discendenti della famiglia risiedono tuttora a Padova.
L'orologio è ritornato a funzionare nel giugno del 2010 dopo un lunghissimo lavoro di restauro che ha interessato sia la struttura architettonica della torre che i meccanismi dell'orologio vero e proprio.
Tra i segni dello Zodiaco posti attorno all'Orologio manca il segno della Bilancia. Tale mancanza deriva dal fatto che i segni rappresentati si rifanno al sistema zodiacale pre-romano nel quale le costellazioni dello Scorpione e della Bilancia erano unite in una sola (che occupava quindi un maggior spazio nella fascia zodiacale). Ancora oggi infatti le due parti della costellazione della Bilancia sono dette "chela nord" e "chela sud". Al momento della sua costruzione l'orologio conteneva anche la rappresentazione della bilancia che fu eliminata durante un intervento di modifica operato dall'abate Bartolomeo Toffoli tra il 1787 e il 1792 che volle seguire le suddivisioni zodiacali più antiche. La tradizione popolare secondo cui la mancanza della bilancia sarebbe una ripicca del costruttore nei confronti della mancanza di giustizia della committenza che volle pagargli una cifra inferiore al pattuito sono sostanzialmente prive di fondamento storico. Tuttavia il simbolo della Bilancia è stato posizionato nel basamento di marmo che regge il pennone. Non è visibile a colpo d'occhio perché dello stesso colore del basamento.(fonte Wikipedia)
Il bell'orologio astronomico che domina la piazza è la ricostruzione dell'originale costruito da Jacopo Dondi nel 1344 e distrutto da un incendio.
La popolarità dell'orologio astronomico (uno dei primi realizzati in Italia) fu tale che ai discendenti di Jacopo Dondi fu aggiunta al cognome la dizione "dell'Orologio". Alcuni discendenti della famiglia risiedono tuttora a Padova.
L'orologio è ritornato a funzionare nel giugno del 2010 dopo un lunghissimo lavoro di restauro che ha interessato sia la struttura architettonica della torre che i meccanismi dell'orologio vero e proprio.
Tra i segni dello Zodiaco posti attorno all'Orologio manca il segno della Bilancia. Tale mancanza deriva dal fatto che i segni rappresentati si rifanno al sistema zodiacale pre-romano nel quale le costellazioni dello Scorpione e della Bilancia erano unite in una sola (che occupava quindi un maggior spazio nella fascia zodiacale). Ancora oggi infatti le due parti della costellazione della Bilancia sono dette "chela nord" e "chela sud". Al momento della sua costruzione l'orologio conteneva anche la rappresentazione della bilancia che fu eliminata durante un intervento di modifica operato dall'abate Bartolomeo Toffoli tra il 1787 e il 1792 che volle seguire le suddivisioni zodiacali più antiche. La tradizione popolare secondo cui la mancanza della bilancia sarebbe una ripicca del costruttore nei confronti della mancanza di giustizia della committenza che volle pagargli una cifra inferiore al pattuito sono sostanzialmente prive di fondamento storico. Tuttavia il simbolo della Bilancia è stato posizionato nel basamento di marmo che regge il pennone. Non è visibile a colpo d'occhio perché dello stesso colore del basamento.(fonte Wikipedia)
il venditore di caldarroste
Ogni persona che muore diventa una stella che trae la sua luce dai sogni dei
bimbi, ma se i bambini non sognano più la stella
muore."
Appariva di solito la sera all'imbrunire. Con lento
incedere percorreva la via del paese. La sua ombra, allungata dal tramonto, accompagnava il cigolio del suo triciclo e se il vento tirava dalla parte giusta, il suo arrivo veniva anticipato dal profumo delle caldarroste. Era di un'età imprecisabile, aveva la barba bianca, i capelli brizzolati, se ne stava un po' curvo e lo sguardo era triste. Non parlava mai con gli adulti, ma quando i bambini gli correvano incontro un sorriso gli illuminava gli occhi ed ogni tanto raccontava una favola. I bambini erano come affascinati da quel vecchietto strano. Si raccontavano storie su di lui. Alcuni dicevano avesse due figli, un maschio grande e una ragazza. Altri invece dicevano che aveva solo una figlia grande e un grande amore. Ma nessuno sapeva dove abitasse, né come facesse a sopravvivere. Si, perché spesso regalava le caldarroste, soprattutto ai frugoletti |
Un giorno fece una cosa strana, prima di arrivare in piazza si
fermò in una pasticceria e comprò una fetta di torta e 40 candeline. –Per chi è?
Chiese la commessa - Per nessuno - rispose il vecchietto- festeggio il
quarantesimo non-compleanno di Junior.-
In negozio c'era un ragazzino nuovo che in quei giorni era diventato il capetto di un gruppetto di sbarbatelli.
Il ragazzino corse a raccontare ai suoi quella storia ed il gruppetto di mocciosi si accostò dietro al vecchietto cominciando a schernirlo... -Vecchio!- Gli gridavano. - Sei un vecchio pazzo!- Ma lui non se ne curava. Gli tiravano le pietre e lui continuava a guidare il su triciclo, ormai sgangherato, per la via principale del paese. Davanti il pentolone emanava sempre il caratteristico scoppiettio dovuto alla brace che ardeva. Ed il profumo di caldarroste riempiva la via. Arrancando arrivò in piazza, sempre con i bimbi alle calcagna che continuavano a deriderlo. Mangiò la sua fetta di torta e disse:- Vedete cari, voi vi comportate così perché avete perso i vostri sogni e sapete il motivo?- I bambini ammutolirono di colpo, come spaventati da quella voce che pareva innaturale. – Ve lo dico io – continuò il vecchietto – perché non avete ancora assaggiato le mie caldarroste, tenete ve ne regalo un sacchetto. - Il più grandicello del gruppetto, si avvicinò timoroso, prese il sacchetto ed iniziò a mangiare le caldarroste. Il vecchietto sorrideva. In breve tutti le stavano mangiando. Il vecchietto cominciò allora a raccontare:- Dentro ad ogni guscio si nasconde un sogno, alle volte questo sogno rimane nascosto per anni. Poi può avverarsi come per magia e da quel momento ogni cosa succeda dopo, ogni dolore che può capitare non sarà mai tale da cancellare quel sogno. Dovete sapere, miei cari che ogni persona che muore diventa una stella che trae la sua luce dai sogni dei bimbi, ma se i bambini non sognano più la stella muore. Abbiate cura dei vostri sogni, essi sono la chiave del vostro domani. -
Detto questo riprese la sua strada verso il tramonto mentre il vento accompagnava il profumo delle sue caldarroste.
Nessuno lo rivide più, ma da quel giorno, guardando il cielo di notte, molti si sentirono meno soli.
In negozio c'era un ragazzino nuovo che in quei giorni era diventato il capetto di un gruppetto di sbarbatelli.
Il ragazzino corse a raccontare ai suoi quella storia ed il gruppetto di mocciosi si accostò dietro al vecchietto cominciando a schernirlo... -Vecchio!- Gli gridavano. - Sei un vecchio pazzo!- Ma lui non se ne curava. Gli tiravano le pietre e lui continuava a guidare il su triciclo, ormai sgangherato, per la via principale del paese. Davanti il pentolone emanava sempre il caratteristico scoppiettio dovuto alla brace che ardeva. Ed il profumo di caldarroste riempiva la via. Arrancando arrivò in piazza, sempre con i bimbi alle calcagna che continuavano a deriderlo. Mangiò la sua fetta di torta e disse:- Vedete cari, voi vi comportate così perché avete perso i vostri sogni e sapete il motivo?- I bambini ammutolirono di colpo, come spaventati da quella voce che pareva innaturale. – Ve lo dico io – continuò il vecchietto – perché non avete ancora assaggiato le mie caldarroste, tenete ve ne regalo un sacchetto. - Il più grandicello del gruppetto, si avvicinò timoroso, prese il sacchetto ed iniziò a mangiare le caldarroste. Il vecchietto sorrideva. In breve tutti le stavano mangiando. Il vecchietto cominciò allora a raccontare:- Dentro ad ogni guscio si nasconde un sogno, alle volte questo sogno rimane nascosto per anni. Poi può avverarsi come per magia e da quel momento ogni cosa succeda dopo, ogni dolore che può capitare non sarà mai tale da cancellare quel sogno. Dovete sapere, miei cari che ogni persona che muore diventa una stella che trae la sua luce dai sogni dei bimbi, ma se i bambini non sognano più la stella muore. Abbiate cura dei vostri sogni, essi sono la chiave del vostro domani. -
Detto questo riprese la sua strada verso il tramonto mentre il vento accompagnava il profumo delle sue caldarroste.
Nessuno lo rivide più, ma da quel giorno, guardando il cielo di notte, molti si sentirono meno soli.
la strazzeria
La "strazzeria" era il piccolo commercio di cose usate, molto in voga a Padova nel Medioevo. Gli "strazzeri" vendevano abiti usati, stoffe, armi, mobili e oggetti di seconda mano, in linea con un commercio divenuro fiorente a Padova grazie anche alla presenza degli studenti, che generalmente avevano pochi soldi a disposizione. Nel 1358 lo statuto della fraglia degli strazzaroli fu scritto in volgare. Tra le regole vi era la proibizione di giocare a dadi e il divieto di tenere paglia, fieno e lino nelle botteghe per il pericolo di incendi. Il commercio di cose usate era praticato anche dagli ebrei, che presto entrarono in concorrenza con i cristiani. Il dissidio continuò fino a quando, nel 1448, l'arte si sdoppiò in due corporazioni, una per gli ebrei e una per i cristiani. Gli strazzaroli ebrei dovevano pagare centoventisei lire all'anno per l'iscrizione alla fraglia. La corporazione si riuniva nella chiesa di Santa Lucia, poi si spostò nell'Oratorio di San Giobbe, acquistato da Antonio Pedrocchi dal Comune nel 1820 e demolito per lasciare spazio alla piazzetta antistante il Caffè. Il mercato delle "strazze" restò in Piazza dei Frutti fino al 1793, quando si spostò in Piazza dei Signori. La fraglia organizzò ogni anno, fino al 1431, l'albero della "cuccagna" in via Marsiglio da Padova, nell'area antistante la casa di Lombardo della Seta. Chi riusciva ad arrampicarsi fino in cima all'albero, solitamente un lungo palo cosparso di grasso, vinceva una borsa e un paio di guanti.
domenica 25 novembre 2012
l'essenza...
Gli scienziati
provano sempre a catalogare scientificamente l’amore: endorfine, formule
chimiche, percentuali, vogliono spiegarci perché ci
innamoriamo, perché tradiamo, perché poi ci passa, vogliono prendere i
nostri tuffi al cuore ed esaminarli al microscopio, metterli in un’ampolla di
vetro e farci degli esperimenti. !
Non strappateci il romanticismo, i nodi in
gola, le recriminazioni, le minacce.
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