Si pensa che i diamanti siano stati inizialmente riconosciuti ed estratti in India, dove furono trovati significativi depositi alluvionali della pietra lungo i fiumi Penner, Krishna e Godavari. Qui i diamanti erano utilizzati nelle icone religiose, ed è probabile che fossero noti e considerati preziosi già 6000 anni fa.[1] Si trovano infatti riferimenti ai diamanti nei testi in sanscrito: l'Arthashastra di Kautilya ne menziona il commercio,[2] opere buddiste, dal IV secolo a.C. in poi descrivono il diamante come pietra molto nota e preziosa, anche se non contengono indicazioni circa le tecniche di taglio.[3]
Un altro testo indiano, scritto all'inizio del III secolo descrive la resistenza, la regolarità, la brillantezza, la capacità di graffiare i metalli e le buone proprietà di rifrazione come qualità desiderabili di un diamante[4].
Golconda fu uno dei principali mercati diamantiferi e per secoli il suo nome fu sinonimo di ricchezza.
I diamanti giunsero nella Roma antica dall'India e vi sono chiari riferimenti circa il loro utilizzo come strumenti d'incisione.[5][6] Un'opera cinese del III secolo a.C. cita: «Gli stranieri li indossano [i diamanti] nella convinzione che essi possano allontanare da loro gli influssi maligni».[4]
I cinesi, che non hanno trovato i diamanti nel loro paese, inizialmente non li hanno considerati come gioielli mentre da secoli viene apprezzata la giada.[4]
Fino al XVIII secolo i diamanti provenivano esclusivamente dall'India o dal Borneo e solo nel 1725 in Brasile, nello stato di Minas Gerais, furono trovati i primi campioni di diamante provenienti dal Sudamerica e successivamente, nel 1843, fu rinvenuto il carbonado, un aggregato microcristallino di diamante, di colore bruno-nero, impiegato nell'industria.
Il primo ritrovamento in Sudafrica avvenne nel 1867, nei pressi delle sorgenti dell'Orange, e fino al 1871 vennero sfruttati unicamente i giacimenti di tipo alluvionale.
In seguito si scoprì l'esistenza dei camini diamantiferi dei quali il più noto è costituito dalla miniera di Kimberley, dalla quale prende il nome la roccia madre del diamante: la kimberlite.
Nel Settecento sono stati scoperti giacimenti nel Borneo, ciò che diede inizio al commercio del diamante nel sud-est asiatico. Con l'esaurimento delle risorse indiane, avvengono significative scoperte in Brasile (1725) e Sud Africa (Kimberley, 1867).[7] Il Sud Africa divenne quindi il principale centro mondiale per la ricerca e quindi la produzione di questa preziosissima gemma.[7]
La popolarità dei diamanti è aumentata a partire dal XIX secolo grazie alla maggiore offerta, al miglioramento delle tecniche di taglio e lucidatura, alla crescita dell'economia mondiale e anche grazie ad innovative campagne pubblicitarie di successo.[8] Nel 1813, Humphry Davy usò una lente per concentrare i raggi del sole su un diamante in un ambiente di ossigeno e dimostrò che l'unico prodotto della combustione era il biossido di carbonio, provando così che il diamante è un composto di carbonio. In seguito egli dimostrò che in un ambiente privo di ossigeno il diamante si converte in grafite.[9]
Un altro testo indiano, scritto all'inizio del III secolo descrive la resistenza, la regolarità, la brillantezza, la capacità di graffiare i metalli e le buone proprietà di rifrazione come qualità desiderabili di un diamante[4].
Golconda fu uno dei principali mercati diamantiferi e per secoli il suo nome fu sinonimo di ricchezza.
I diamanti giunsero nella Roma antica dall'India e vi sono chiari riferimenti circa il loro utilizzo come strumenti d'incisione.[5][6] Un'opera cinese del III secolo a.C. cita: «Gli stranieri li indossano [i diamanti] nella convinzione che essi possano allontanare da loro gli influssi maligni».[4]
I cinesi, che non hanno trovato i diamanti nel loro paese, inizialmente non li hanno considerati come gioielli mentre da secoli viene apprezzata la giada.[4]
Fino al XVIII secolo i diamanti provenivano esclusivamente dall'India o dal Borneo e solo nel 1725 in Brasile, nello stato di Minas Gerais, furono trovati i primi campioni di diamante provenienti dal Sudamerica e successivamente, nel 1843, fu rinvenuto il carbonado, un aggregato microcristallino di diamante, di colore bruno-nero, impiegato nell'industria.
Il primo ritrovamento in Sudafrica avvenne nel 1867, nei pressi delle sorgenti dell'Orange, e fino al 1871 vennero sfruttati unicamente i giacimenti di tipo alluvionale.
In seguito si scoprì l'esistenza dei camini diamantiferi dei quali il più noto è costituito dalla miniera di Kimberley, dalla quale prende il nome la roccia madre del diamante: la kimberlite.
Nel Settecento sono stati scoperti giacimenti nel Borneo, ciò che diede inizio al commercio del diamante nel sud-est asiatico. Con l'esaurimento delle risorse indiane, avvengono significative scoperte in Brasile (1725) e Sud Africa (Kimberley, 1867).[7] Il Sud Africa divenne quindi il principale centro mondiale per la ricerca e quindi la produzione di questa preziosissima gemma.[7]
La popolarità dei diamanti è aumentata a partire dal XIX secolo grazie alla maggiore offerta, al miglioramento delle tecniche di taglio e lucidatura, alla crescita dell'economia mondiale e anche grazie ad innovative campagne pubblicitarie di successo.[8] Nel 1813, Humphry Davy usò una lente per concentrare i raggi del sole su un diamante in un ambiente di ossigeno e dimostrò che l'unico prodotto della combustione era il biossido di carbonio, provando così che il diamante è un composto di carbonio. In seguito egli dimostrò che in un ambiente privo di ossigeno il diamante si converte in grafite.[9]
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