giovedì 20 ottobre 2011

The Straight Story

Si basa su un fatto realmente accaduto e racconta la storia di Alvin Straight, un contadino dell'Iowa che nel 1994, a 73 anni di età, intraprese un lungo viaggio a bordo di un trattorino rasaerba per andare a trovare il fratello reduce da un infarto. Straight coprì in 6 settimane la distanza di 240 miglia (386 chilometri circa), viaggiando a 5 miglia all'ora (8 km/h).



Quando vedrete "Una storia vera" e vi toccherà il cuore la stupenda prestazione di Richard Farnsworth (80 anni tra poco), vi meraviglierete anche voi che il palmarès di Cannes abbia messo sugli altari un non professionista trascurando di onorare uno splendido veterano. Il quale esordì come cascatore nel 1937 e dovette aspettare 40 anni per avere finalmente il primo ruolo in cui gli affidarono delle battute. Nel presente film David Lynch (un Lynch nuovo, senz'avanguardismi né provocazioni) si ritaglia con forte sensibilità pittorica le suggestive immagini dei grandi spazi aperti per ricostruire la cronaca del viaggio compiuto nel 1994 dal veterano Alvin Straight (il titolo originale "The Straight Story" si riferisce al suo cognome, ma vuol dire anche "storia semplice"). Il tipo si recò dallo Iowa al Wisconsin per metter fine a "una situazione da Caino e Abele" con il fratello; e fin qui niente di strano, tranne che il rurale impegnò nella trasferta sei settimane avendo affrontato gli oltre 500 chilometri del percorso cavalcando un tagliaerba. Il motivo della singolare scelta? Causa il precario stato della vista, a Straight non era concesso di guidare l'automobile; il tagliaerba era l'unico mezzo di trasporto che si potesse guidare senza patente. La miniodissea diventa il pretesto d'un film "all american" con panorami sconfinati, i selvatici che attraversano la strada, il ponte sul Mississippi, gli incontri che sembrano il capitolo di un'antologia da mettere accanto alla storica "Americana" di Elio Vittorini: una ragazza incinta e fuggita di casa, alla quale Alvin racconta per consolarla le disavventure di sua figlia Rose (Sissy Spacek), un'isterica che travolge un daino e lo lascia in mezzo alla strada (Alvin pragmaticamente se lo mangia) e, a sorpresa, la confessione del protagonista a un'estranea: in guerra gli capitò di uccidere per sbaglio un commilitone e nessuno se ne accorse. La morale, per usare una frase cara a Rossellini, è che "la vita tocca tutto": e Farnsworth ne racconta il penultimo atto con accenti di verità che non sembrano provenire da un copione. Sfido chiunque a non commuoversi quando Alvin arriva alla casa del fratello Lyle (Harry Dean Stanton) e la trova vuota... Ma nella sua acquisita saggezza, Lynch salva la situazione con un finale indimenticabile.


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